Sono lesioni di continuo dei tessuti molli che si manifestano al di sopra di salienze ossee; rappresentano una patologia molto frequente in pazienti costretti all’immobilità costituendo una complicanza temibile quando si infettano.
Le sedi più comuni di comparsa delle ulcere da pressione sono:
– la regione sacrale
– le tuberosità ischiatiche
– i grandi trocanteri
Oltre all’immobilità, altri fattori favorenti comprendono modificazioni della cute, ridotto apporto calorico e proteico, disidratazione, alterazioni dello stato di coscienza, uso di sedativi, incontinenza, anemia, ipoalbuminemia, ipertermia, ipotensione, vascolopatia periferica ed alcuni stati dismetabolici.
Non solo l’entità della pressione ma anche la sua durata è importante nell’insorgenza delle ulcere da pressione; una pressione di soltanto 60-70 mmHg, mantenuta per circa 2 ore, può causare lesioni cutanee irreversibili.
Gli effetti della pressione sui tessuti sovrastanti prminenze ossee sono dovuti, più che al danno meccanico, all’ischemia provocata dall’occlusione dei vasi sanguigni e linfatici.
Tra le complicanze delle ulcere da pressione ricordiamo la sepsi, l’infezione locale, la cellulite e l’osteomielite.
L’utilizzo dell’OTI nelle piaghe da decubito risulta di particolare interesse in quanto la metodica assicura un’ottimale diffusione dell’O2 anche in presenza di difficoltà circolatorie e/o di carenze di emoglobina; ha un’azione vasocostrittrice e, di conseguenza, antiedemigena; è dotata di potere battericida e/o batteriostatico.
Specie in occasione di mancata guarigione di tali lesioni e/o del loro peggioramento per la comparsa di complicanze settiche, l’instaurazione dell’OTI dovrebbe risultare il più precoce possibile al fine di prevenire lo sviluppo di un eventuale processo necrotico-gangrenoso dei tessuti colpiti.